Il consigliere comunale deve attivarsi nella seduta per denunciare irregolarità procedurali

Il consigliere comunale deve attivarsi nella seduta per denunciare irregolarità procedurali

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Qualora il componente di un organo collegiale sia presente e non segnali l’illegittimità, i presunti vizi diventano del tutto irrilevanti

 

di Ulderico Izzo, oggi Sole24 NT.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania con la sentenza n. 3734/2024, ha espresso il principio di diritto secondo il quale qualora un componente di un organo collegiale sia presente nella seduta e non segnali la ritenuta illegittimità o irregolarità procedurale né si attivi coi previsti meccanismi procedimentali, diventano del tutto irrilevanti i presunti vizi, avendo questi rinunciato a farli valere.

Il fatto

Il consigliere, di un Comune dell’area metropolitana di Napoli, ha impugnato dinanzi al tribunale amministrativo del capoluogo partenopeo la delibera del consiglio comunale con cui l’assise cittadina ha approvato il bilancio di previsione dell’anno 2023, nonché quella inerente al rendiconto della gestione per l’anno 2022.

Il ricorrente ha contestato che ha potuto visionare gli atti relativi alla proposta di deliberazione consiliare, volta all’approvazione del rendiconto di gestione, e in particolare, la relazione del revisore unico soltanto cinque giorni prima della seduta consiliare, con violazione delle prescrizioni previste dalla legge e dal regolamento comunale.

La delibera consiliare ha superato indenne il vaglio del giudice amministrativo, che ha ritenuto legittimo l’operato del consiglio comunale.

La decisione

La sentenza in rassegna pone in evidenza, in primo luogo, che il ricorrente, non solo ha preso parte alla discussione della seduta consiliare dedicata al rendiconto e al bilancio, ma ha anche dichiarato, nella sua espressa qualità di consigliere comunale capogruppo della minoranza di esprimere voto contrario.

La partecipazione alla seduta consiliare e l’espressione del relativo voto integrano esercizio del munus, all’evidenza, incompatibili con l’interesse a fare valere la dedotta violazione procedurale.

Il giudice ha specificato che il consigliere ha posto in essere un comportamento di acquiescenza, nel senso che, rispetto ai vizi procedurali lamentati, nulla ha fatto in assise cittadina a tutela delle proprie prerogative, anzi, al contrario, ha partecipato ai lavori consiliari con espressione di voto contrario. Ciò ha integrato i presupposti per un comportamento qualificabile in termini di deliberata acquiescenza o di dismissione del diritto a fare valere vizi propri della convocazione della seduta.

Conclusioni

La pronuncia è stata chiara nello specificare che col termine acquiescenza s’indica la rinuncia alla tutela giurisdizionale a seguito dell’accettazione di un provvedimento amministrativo da parte del soggetto che abbia subito, per effetto di quest’ultimo, la lesione di un proprio interesse sostanziale, diritto soggettivo o interesse legittimo. L’accettazione implica di riflesso la rinuncia ad avvalersi dei rimedi amministrativi messi a disposizione dall’ordinamento legislativo o regolamentare e, di riflesso, anche dei mezzi d’impugnazione previsti per legge.

Il consigliere era tenuto, non a rivolgersi alla giustizia amministrativa, ma sollevare questioni pregiudiziali e essere rimesso in termini.

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GIANNI SANNA

Consulente Dasein. Formatore. Esperto in Programmazione, Anticorruzione , Trasparenza e Privacy. Responsabile Protezione Dati (RPD/DPO).

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