Tar Lazio: il nuovo codice di comportamento non lede i diritti dei dipendenti pubblici

Tar Lazio: il nuovo codice di comportamento non lede i diritti dei dipendenti pubblici

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di Consuelo Ziggiotto e Salvatore Cicala

Norme & Tributi Plus

Il Tar Lazio, con la sentenza 15978/2023, archivia il ricorso mosso dalla Cgil Scuola che aveva chiesto l’annullamento del codice di comportamento nazionale come da ultimo modificato dal Dpr 13 giungo 2023 n. 81.

 

Il giudice amministrativo archivia il ricorso mosso dalla Cgil Scuola che aveva chiesto l’annullamento

Come è noto dallo scorso 14 luglio sono entrate in vigore le modifiche al codice di comportamento dei dipendenti pubblici. Il decreto, approdato sulla Gazzetta Ufficiale del 29 giugno, è di fatto un aggiornamento del vecchio codice di comportamento approvato con il Dpr 62/2013 che, in attuazione di quanto previsto dal decreto legge 36/2022 (decreto Pnrr 2), integra gli elementi costitutivi della milestone M1C1-58, del Piano nazionale di ripresa e resilienza, di riforma della pubblica amministrazione.

Per la federazione sindacale il testo finale del decreto non avrebbe dato il giusto rilievo alle osservazioni espresse dal Consiglio di Stato nel parere obbligatorio, ancorché non vincolante, reso sullo schema di decreto (parere 93/2023).

Inoltre oggetto di censura sono state l’omessa tipizzazione delle condotte descritte dalle norme di cui agli articoli 11-bis e 11-ter del decreto 81/2023 con cui sono state introdotte maggiori regolamentazioni sull’utilizzo delle tecnologie informatiche, dei social media e dei dispositivi elettronici personali le quali, in quanto idonee a divenire oggetto di futuri possibili procedimenti disciplinari, si presenterebbero a tal fine eccessivamente generiche ed indeterminate, nonché il contrasto con alcuni principi costituzionalmente garantiti quali la libertà di manifestazione del proprio pensiero.

Il giudice amministrativo laziale ha ricordato che l’articolo 54 del decreto legislativo 165/2001 (richiamato espressamente all’articolo 1 del Dpr 62/2013), nel descrivere il sistema delle fonti sussistente in relazione alla eziologia delle regole comportamentali del dipendente pubblico, prevede espressamente che il codice di comportamento definito dal Governo rappresenti solo il punto di partenza e la norma fondamentale alla quale le amministrazioni devono ispirarsi nell’adozione del proprio codice di comportamento, destinato poi ad integrare e specificare il primo.

Pertanto, si legge nella sentenza, la specificazione delle regole di cui al codice di comportamento generale adottato con il Dpr 62/2013, così come integrato dal Dpr 81/2023, non solo non è inibita alle pubbliche amministrazioni, ma è anzi necessaria e prescritta dal legislatore, ancor più in quei punti in cui il Codice di comportamento nazionale, dettando principi generali e doveri minimi, non presenti una disciplina ed una descrizione di dettaglio delle fattispecie, adeguata e conforme alle esigenze e caratteristiche organizzative delle diverse amministrazioni destinate a darvi applicazione, il che è ancor più vero con riguardo alla sempre maggiore alla diffusione di nuove modalità di lavoro ed alle differenti esigenze e modalità di utilizzo, nelle amministrazioni, degli ausili digitali ed informatici a supporto dei dipendenti.

Dunque non essendo il Dpr 81/2023 idoneo a produrre (immediati e concreti) effetti lesivi dei diritti dei dipendenti pubblici, il tribunale amministrativo del Lazio ha archiviato il ricorso ritenendolo inammissibile per carenza di interesse.

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GIANNI SANNA

Consulente Dasein. Formatore. Esperto in Programmazione, Anticorruzione , Trasparenza e Privacy. Responsabile Protezione Dati (RPD/DPO).

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