Concorsi, omettere di dichiarare una vecchia condanna può costare il posto

Concorsi, omettere di dichiarare una vecchia condanna può costare il posto

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Da Sole 24 NT

di Pietro Alessio Palumbo

Il datore di lavoro pubblico ha diritto di conoscere tutti i dati del dipendente da assumere

Secondo il Consiglio di Stato (sentenza n. 148/2024) nella domanda di concorso per dirigente – pena come nella vicenda l’esclusione – va dichiarato tutto: anche una vecchia condanna oramai estinta. Il datore di lavoro pubblico ha diritto di conoscere tutti i dati del dipendente da assumere e di dare rilievo, ai fini del suo impiego in specifiche mansioni, alle sue dichiarazioni ai fini dell’attivazione del contratto di lavoro che non può mai prescindere da un rapporto improntato sulla fiducia reciproca.

La Pa aveva contestato all’interessato di aver reso false dichiarazioni in sede di presentazione della domanda di partecipazione; e di cui l’ente aveva appreso l’esistenza a seguito di verifiche effettuate nella prospettiva della stipula del contratto di lavoro, con particolare riferimento ad alcune circostanze che avrebbero impedito l’attivazione e, comunque, la prosecuzione del rapporto di servizio: la mancata indicazione di una condanna penale riportata; l’attestazione di aver svolto lodevole servizio presso il precedente datore di lavoro. E per il Consiglio di Stato tanto basta per escludere il candidato dalla graduatoria dei vincitori.

Secondo il giudice di Palazzo Spada qui non viene tanto in rilievo l’elemento soggettivo del dolo per una dichiarazione non corrispondente al vero, ma l’esistenza di una precisa clausola del bando che imponeva ai partecipanti di dichiarare se avessero subito condanne penali. In altre parole l’aspetto che assume valenza decisiva è il mancato rispetto da parte dell’interessato di una precisa regola voluta dal futuro datore di lavoro, che imponeva ai partecipanti al concorso di segnalare condanne, indipendentemente da eventuali vicende successive alla pronuncia penale tra cui l’estinzione del reato.

E pur volendo considerare – come sosteneva il candidato – che si trattava di una questione giudiziaria chiusa da anni, nel rispetto del principio di par condicio dei candidati tutti e di affidamento da parte del futuro datore di lavoro sulle informazioni fornite dallo stesso concorrente nella compilazione della domanda, resta il fatto che il candidato non aveva rispettato le ‘regole del gioco’. In tali circostanze, ed in disparte l’eventuale estinzione del reato, deve infatti riconoscersi la consistenza di un dato storico che il candidato ha in ogni caso il puntuale dovere di segnalare all’ente in sede di compilazione dell’istanza.

Il fatto obiettivo della mancata indicazione di una condanna subita – indipendentemente dall’esito del giudizio penale che ne era scaturito e che si era concluso con l’assoluzione dell’imputato – costituisce una dichiarazione mendace che comporta, in ogni caso, l’esclusione e la revoca di eventuali benefici già erogati.

Pertanto, in applicazione dei principi di un sistema improntato alla trasparenza, alla leale collaborazione tra Pa e privato, e all’autoresponsabilità di quest’ultimo, in tali circostanze ben si giustifica un provvedimento di esclusione del concorrente dalla graduatoria dei futuri dirigenti.

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GIANNI SANNA

Consulente Dasein. Formatore. Esperto in Programmazione, Anticorruzione , Trasparenza e Privacy. Responsabile Protezione Dati (RPD/DPO).

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