Pubblicare all’albo pretorio online anche solo un numero di matricola di un dipendente in contenzioso con l’ente può costare caro al comune.

Fonte: Italia Oggi del 27 aprile 2021

Pubblicare il numero di matricola di un dipendente nell’albo pretorio può costare caro al comune.

Pubblicare all’albo pretorio online anche solo un numero di matricola di un dipendente in contenzioso con l’ente può costare caro al comune. Anche se esiste un obbligo di pubblicazione infatti è sempre opportuno oscurare ogni riferimento personale per non incorrere in sanzioni privacy.

Lo ha chiarito il garante per la protezione dei dati con il proprio provvedimento sanzionatorio n. 34 del 27 gennaio 2021. Un dipendente comunale in contenzioso con il proprio ente ha presentato un reclamo all’autorità contro la diffusione di una serie di dati personali sul sito del comune in riferimento al suo contenzioso legale con l’amministrazione.

Il garante ha quindi avviato un’attività istruttoria che si è conclusa con l’adozione di un’ordinanza ingiunzione a carico del comune. Anche in presenza di un obbligo di pubblicazione i soggetti chiamati a darvi attuazione non possono comunque diffondere dati personali eccedenti e non pertinenti. Anche se si tratta solo di un numero di matricola che permette ad una stretta cerchia di persone di collegare la matricola all’interessato.

Quindi pubblicazioni sul sito del comune si, ma sempre con adeguato oscuramento dei dati personali non pertinenti.

https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9549165

Consiglio di Stato: i consiglieri comunali non possono conoscere i nomi dei beneficiari dei buoni spesa Covid-19

Fonte: Italia Oggi del 19 marzo 2021.

Il segreto di ufficio al quale è tenuto il consigliere comunale non consente un accesso senza limiti ai dati delle pratiche trattate dal comune. È, di conseguenza, illegittimo accedere ai nominativi delle persone che hanno chiesto il beneficio dei buoni spesa, previsti dall’ordinanza della Protezione civile 658/2020. Il Consiglio di stato, con la sentenza della Sezione V 11 marzo 2021, n. 2889 corregge il tiro della Tar Basilicata, sezione I, 25 settembre 2020, n. 574, che aveva considerato legittimo fornire ad un consigliere comunale i nominativi e i dati personali delle persone che avevano richiesto l’aiuto economico al comune.

Per palazzo Spada, invece, considerando che il comune aveva garantito al richiedente una serie di dati anonimi, ma utili per il mandato, estendere l’accesso anche ai nominativi è illegittimo.

La sentenza è particolarmente interessante, perché per la prima volta mette in evidenza un elemento importante: non basta il dovere di attenersi al segreto d’ufficio in capo al consigliere per considerare il suo diritto di accesso come necessariamente privo di vincoli.

Secondo il Consiglio di stato, il segreto non fonda la legittimità dell’istanza; al contrario, il dovere di segretezza si impone solo a condizione che l’accesso sia legittimamente esercitato: «in termini generali il segreto è un obbligo che si riferisce all’uso di dati e informazioni legittimamente acquisiti, mentre nel presente giudizio si controverte proprio sulla legittimità di tale acquisizione. Nel caso specifico l’obbligo del consigliere comunale di attenersi al segreto comporta che i dati e le informazioni acquisite siano utilizzati esclusivamente per l’esercizio del suo mandato e a vietare per contro qualsiasi uso privato. Lo stesso obbligo non tutela invece la riservatezza delle persone, la quale verrebbe comunque lesa se l’accesso venisse consentito».

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Trasparenza amministrativa, l’organismo di valutazione non è sanzionabile se svolge le funzioni assegnate

di Marco Berardi e Andrea Ziruolo

Nel caso di specie, risponde il responsabile della prevenzione della corruzione e trasparenza La delibera n. 719/2020 di Anac ribadisce che l’organismo indipendente di valutazione (Oiv) non è responsabile in caso di procedimenti sanzionatori a carico delle amministrazioni laddove svolga puntualmente la propria funzione di vigilanza e controllo sul rispetto delle disposizioni del Dlgs 33/2013 (decreto Trasparenza).

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Alert su dati personali contenuti in delibere ed in altri atti pubblici

Gli enti locali devono valutare con particolare attenzione se, in base alla normativa, possono rendere pubblici i dati personali, spesso anche particolarmente riservati, contenuti in delibere e in altri documenti. Lo ha ribadito il Garante per privacy in alcuni provvedimenti sanzionatori adottati il 2 luglio 2020 nei confronti di una Regione, di due Comuni e di un’Unione di Comuni.

Il primo provvedimento riguarda una Regione che aveva pubblicato sul proprio sito un documento riguardante l’esecuzione di una sentenza civile relativa a un debito maturato dall’ente. Alle proteste dei segnalanti, l’amministrazione aveva risposto giustificando la pubblicazione online sulla base di alcune disposizioni di natura contabile.

Nel caso specifico, però, il Garante ha ricordato che i dati personali contenuti in quei documenti potevano essere giustamente usati per controlli della magistratura contabile sui debiti fuori bilancio, ma che le norme citate non prevedevano la diffusione di quei dati.

Tenendo conto della collaborazione offerta dall’ente e dell’impegno per la verifica delle misure tecniche e organizzative adottate dal personale per il rispetto della privacy, il Garante ha comminato alla Regione una sanzione pecuniaria di 4.000 euro.

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