Da Sole 24 : Whistleblowing, niente anonimato se la contestazione disciplinare si basa sulla segnalazione, di Pietro Alessio Palumbo

In breve

L’identità può essere rivelata ma solo con il consenso del segnalante

L’attuale ordinamento del lavoro alle dipendenze della Pa prevede un regime di tutela del dipendente pubblico che segnala condotte che sospetta illecite, di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro. A tal fine il dipendente è protetto dall’anonimato. Tuttavia l’Amministrazione deve sempre realizzare un equilibrato trade off tra l’esigenza di garantire l’anonimato del denunciante e l’esigenza di garantire il diritto di difesa all’incolpato. Con la sentenza n. 436/2021, il Cgar Sicilia ha chiarito che se la segnalazione ha costituito la mera occasione per lo svolgimento degli accertamenti disciplinari, la conoscenza dell’identità del denunciante non deve essere rivelata in quanto si presume non essere indispensabile per la difesa dell’incolpato. Se invece la segnalazione ha costituito in tutto o in parte la base stessa del procedimento disciplinare e la conoscenza del segnalante è indispensabile per la difesa dell’incolpato, l’identità può essere rivelata – ma si badi – con il preciso consenso del segnalante oppure non può essere utilizzata. In tale ultima ipotesi ove la denuncia fosse ugualmente utilizzata senza la rivelazione dell’identità del segnalante si sarebbe in presenza di una seria anomalia del provvedimento disciplinare.

Prestigio e credibilità della Pa
In linea con la legge anticorruzione del 2012, scopo della disciplina del whistleblowing è valorizzare l’etica e l’integrità nella Pa per dare prestigio, autorevolezza e credibilità alla stessa, rafforzando i principi di legalità e buon andamento dell’azione amministrativa voluti dal testo costituzionale. Il pubblico dipendente che nell’interesse dell’integrità della Pa segnala al responsabile anticorruzione o all’Anac condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito.

Anonimato e “riconoscibilità”
Anche grazie alle modifiche apportate al sistema di protezione del whistleblower dal legislatore nel 2017 si vuole oggi offrire tutela, tra cui la segretezza dell’identità, a chi “porti alla luce” condotte e fatti illeciti. La normativa è finalizzata a evitare che il dipendente, venuto a conoscenza di condotte illecite in ragione del rapporto di lavoro, ometta di segnalarle per il timore di subire ritorsioni. Ma tale tutela opera solo nei confronti di soggetti individuabili e riconoscibili. Ciò in quanto da un lato non può proteggersi la riservatezza di chi non si conosce; dall’altro se il segnalante non svela la propria identità l’Amministrazione o l’Anac non hanno modo di verificare se il denunciante appartiene effettivamente alla categoria dei dipendenti pubblici o equiparati. Di qui non soltanto il divieto di rivelare l’identità di chi abbia reso la segnalazione salvo il suo consenso, ma anche quello non espressamente statuito tuttavia chiaramente evincibile dallo scopo stesso della disciplina, di fornire tutti gli elementi utili a permettere l’identificazione del whistleblower.

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Piccoli Comuni, il sindaco può presiedere la commissione del concorso

di Pietro Alessandro Palumbo*

……………………………. “Con la sentenza n. 3436/2021, il Consiglio di Stato ha ora “sdoganato” la possibilità per i Comuni con meno di 5000 abitanti di attribuire al sindaco la presidenza delle commissioni di concorso. Una lettura che ruota sul presupposto per il quale se il sindaco di tali comunità può dirigere un ufficio o un servizio, discende dallo stesso incarico (anche) la possibilità di presiedere una commissione di concorso per nuovo personale”.

………. “mette in evidenza il Consiglio di Stato – (che) gli enti locali con popolazione inferiore a cinquemila abitanti anche al fine di operare un contenimento della spesa, possono adottare disposizioni organizzative anche in difformità dalla disciplina generale, attribuendo ai componenti dell’organo esecutivo la responsabilità di uffici e servizi ed il potere di svolgere compiti anche di natura tecnico-gestionale che all’incarico amministrativo sono, per legge, ricollegati. Tra questi compiti, pertanto, anche la presidenza delle commissioni di concorso.”…..

https://ntplusentilocaliedilizia.ilsole24ore.com/art/piccoli-comuni-sindaco-puo-presiedere-commissione-concorso-AE5IXi

*SOLE24ORE NT – ENTI LOCALI ED EDILIZIA

Consiglio di Stato: i consiglieri comunali non possono conoscere i nomi dei beneficiari dei buoni spesa Covid-19

Fonte: Italia Oggi del 19 marzo 2021.

Il segreto di ufficio al quale è tenuto il consigliere comunale non consente un accesso senza limiti ai dati delle pratiche trattate dal comune. È, di conseguenza, illegittimo accedere ai nominativi delle persone che hanno chiesto il beneficio dei buoni spesa, previsti dall’ordinanza della Protezione civile 658/2020. Il Consiglio di stato, con la sentenza della Sezione V 11 marzo 2021, n. 2889 corregge il tiro della Tar Basilicata, sezione I, 25 settembre 2020, n. 574, che aveva considerato legittimo fornire ad un consigliere comunale i nominativi e i dati personali delle persone che avevano richiesto l’aiuto economico al comune.

Per palazzo Spada, invece, considerando che il comune aveva garantito al richiedente una serie di dati anonimi, ma utili per il mandato, estendere l’accesso anche ai nominativi è illegittimo.

La sentenza è particolarmente interessante, perché per la prima volta mette in evidenza un elemento importante: non basta il dovere di attenersi al segreto d’ufficio in capo al consigliere per considerare il suo diritto di accesso come necessariamente privo di vincoli.

Secondo il Consiglio di stato, il segreto non fonda la legittimità dell’istanza; al contrario, il dovere di segretezza si impone solo a condizione che l’accesso sia legittimamente esercitato: «in termini generali il segreto è un obbligo che si riferisce all’uso di dati e informazioni legittimamente acquisiti, mentre nel presente giudizio si controverte proprio sulla legittimità di tale acquisizione. Nel caso specifico l’obbligo del consigliere comunale di attenersi al segreto comporta che i dati e le informazioni acquisite siano utilizzati esclusivamente per l’esercizio del suo mandato e a vietare per contro qualsiasi uso privato. Lo stesso obbligo non tutela invece la riservatezza delle persone, la quale verrebbe comunque lesa se l’accesso venisse consentito».

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Accesso civico a una pratica edilizia, ok del Garante Privacy solo sul permesso di costruire

di Manuela Sodini ( Sole 24)

Il Garante privacy si è espresso su un’istanza di accesso civico generalizzato di richiesta di documentazione edilizia limitandolo esclusivamente al permesso di costruire.

Nello specifico, si è rivolto al Garante il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza di un Comune per richiedere il parere previsto dall’articolo 5, comma 7, del decreto 33/2013, nell’ambito di una richiesta di riesame presentata dal soggetto controinteressato su un provvedimento di accoglimento parziale di un’istanza di accesso generalizzato. La richiesta di accesso aveva a oggetto tutta la documentazione inerente a una pratica edilizia riferita a un’azienda agricola (ditta individuale).

L’amministrazione, che ha individuato come soggetto controinteressato il rappresentante dell’azienda agricola, ha accordato un accesso civico parziale agli atti e documenti relativi a pratiche edilizie e urbanistiche limitando l’accesso alla documentazione non contenente dati sensibili e omettendo i dati personali contenuti, il soggetto controinteressato ha quindi presentato una richiesta di riesame al Responsabile della trasparenza insistendo sui propri motivi di opposizione e, quindi, sulla lesione degli interessi privati di cui all’articolo 5-bis, comma 2, del decreto 33/2013.

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Differiti al 31 marzo 2021 i termini per la predisposizione e la pubblicazione della Relazione annuale 2020 dell’Rpct e dei Piani Triennali 2021-2023

Responsabili Prevenzione Corruzione e Trasparenza. Differiti al 31 marzo 2021 i termini per la predisposizione e la pubblicazione della Relazione annuale 2020 dell’Rpct, e dei Piani Triennali 2021-2023.

Tenuto conto dell’emergenza sanitaria da Covid-19, il Consiglio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione nella seduta del 2 dicembre 2020 ha ritenuto opportuno differire, al 31 marzo 2021, il termine ultimo per la predisposizione e la pubblicazione della Relazione annuale 2020 che i Responsabili per la Prevenzione della corruzione e la trasparenza (RPCT) sono tenuti ad elaborare, ai sensi dell’art. 1, co. 14, della legge 190/2012. A tal fine, l’Autorità metterà a disposizione, entro l’11 dicembre prossimo, l’apposito modello, che sarà generato anche per chi, su base volontaria, ha utilizzato la Piattaforma per l’acquisizione dei dati sui Piani triennali per la prevenzione della corruzione e la trasparenza.  Restano valide le Relazioni già pubblicate.

Per le stesse motivazioni legate all’emergenza sanitaria e al fine di consentire ai RPCT di svolgere adeguatamente tutte le attività connesse all’elaborazione dei Piani triennali per la prevenzione della corruzione e la trasparenza, il Consiglio dell’Autorità ha altresì deliberato di differire alla medesima data (31 marzo 2021) il termine ultimo per la predisposizione e la pubblicazione dei Piani Triennali per la prevenzione della corruzione e la trasparenza 2021-2023.

Comunicato del Presidente dell’Autorità del 2 dicembre 2020

http://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/Comunicazione/News/_news?id=3dc4988a0a778042399cb4c84ecee70a

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