Conflitto d’interessi nella commissione di concorso se vi sono state frequentazioni abituali con i candidati

Conflitto d’interessi nella commissione di concorso se vi sono state frequentazioni abituali con i candidati

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Lo precisa l’Anac rispondendo alla richiesta di parere da parte di una società pubblica che si occupa del ciclo rifiuti urbani di un capoluogo pugliese

 

In una commissione di concorso pubblico per la nomina di direttore generale c’è «conflitto d’interessi (con conseguente obbligo di astensione), tra i componenti della commissione e il candidato (dirigente) nel caso in cui sia configurabile tra gli stessi un legame di frequentazione abituale ovvero rapporti di colleganza e/o di subordinazione o collaborazione (caratterizzato da intensità, assiduità e sistematicità) idonei ad alterare sensibilmente la par condicio tra i concorrenti, ovvero semplicemente sussistano ‘gravi ragioni di convenienza’ per cui è opportuno che gli interessati si astengano, al fine di evitare potenziali conseguenze quali il danno all’immagine di imparzialità dell’amministrazione nell’esercizio delle proprie funzioni».

È quanto ha ribadito l’Autorità Anticorruzione con Atto del Presidente del 19 dicembre 2023rispondendo alla richiesta di parere da parte di una società pubblica che si occupa del ciclo rifiuti urbani di un capoluogo pugliese. La richiesta di parere riguardava l’eventuale sussistenza di profili di incompatibilità della commissione di concorso pubblico.

L’Autorità ha ribadito anche che «qualora i soggetti interessati siano indotti, per decisione autonoma o per decisione dell’amministrazione, ad astenersi dal procedimento, tale astensione debba essere completa, riguardando tutti gli atti del relativo procedimento». Nel caso di specie – sottolinea Anac – i dirigenti del Comune nominati componenti della commissione di concorso in esame saranno chiamati a valutare i candidati (nel caso concreto, l’attuale collega dirigente presso il medesimo ente locale) con i quali hanno rapporti di natura lavorativa.

«In linea generale – spiega Anac -, nel nostro ordinamento non esiste una definizione univoca e generale di ‘conflitto di interessi’, né tantomeno una norma che preveda analiticamente tutte le ipotesi e gli elementi costitutivi di tale fattispecie. Secondo l’interpretazione data dalla giurisprudenza amministrativa, la situazione di conflitto di interessi si configura quando le decisioni che richiedono imparzialità di giudizio siano adottate da un soggetto che abbia, anche solo potenzialmente, interessi privati in contrasto con l’interesse pubblico alla cui cura è preposto. L’interesse privato che potrebbe porsi in contrasto con l’interesse pubblico può essere di natura finanziaria, economica o dettato da particolari legami di parentela, affinità, convivenza o frequentazione abituale con i soggetti destinatari dell’azione amministrativa».

«Il Dpr 62/2013, richiama quale ipotesi tipizzate di conflitto che impongono l’astensione, anche le attività o le decisioni che possono coinvolgere, oltre agli interessi propri e di familiari o conviventi, gli interessi di persone con le quali vi siano rapporti di frequentazione abituale. Occorre precisare che detto concetto di ‘amicizia’ non coincide con la mera ‘colleganza’ d’ufficio, ma deve tradursi in una durevole intensa frequentazione abituale in contesti anche extralavorativi. Vanno, inoltre, considerate tutte quelle ipotesi residuali in cui ricorrano ‘gravi ragioni di convenienza’ per cui è opportuno che il funzionario pubblico si astenga dall’esercizio della funzione amministrativa, al fine di evitare potenziali conseguenze quali il danno all’immagine di imparzialità dell’amministrazione nell’esercizio delle proprie funzioni».

L’Autorità rileva come i principi generali in materia di astensione e ricusazione del giudice, trovino applicazione anche nello svolgimento delle procedure concorsuali, in quanto strettamente connessi al trasparente e corretto esercizio delle funzioni pubbliche.

La giurisprudenza amministrativa, spega sempre l’Autorità, è infatti intervenuta univocamente affermando il principio secondo il quale le cause di incompatibilità devono considerarsi estese a tutti i campi dell’azione amministrativa in considerazione del principio costituzionale di imparzialità, affermandone al contempo il carattere tassativo e l’impossibilità di procedere ad un’estensione analogica delle stesse.

Il giudice amministrativo ha provveduto a identificare alcune ipotesi di concreta applicazione, con riferimento alla composizione delle commissioni di concorso, in ambito universitario (ma il caso è assimilabile), sostenendo che: l’appartenenza allo stesso ufficio del candidato e il legame di subordinazione o di collaborazione tra i componenti della commissione e il candidato stesso non rientrano nelle ipotesi di astensione; i rapporti personali di colleganza o di collaborazione tra alcuni componenti della commissione e determinati candidati non sono sufficienti a configurare un vizio della composizione della commissione stessa; in sede di pubblico concorso l’incompatibilità tra esaminatore e concorrente si può realmente ravvisare non già in ogni forma di rapporto professionale o di collaborazione scientifica, ma soltanto in quei casi in cui tra i due sussista un concreto sodalizio di interessi economici, di lavoro o professionali talmente intensi da ingenerare il sospetto che la valutazione del candidato non sia oggettiva e genuina, ma condizionata da tale cointeressenza.

Specialmente in ambito universitario – precisa Anac – il legame di colleganza e/o di subordinazione o collaborazione tra i componenti della commissione e il candidato può essere idoneo ad alterare sensibilmente la par condicio tra i concorrenti solo nel caso in cui sia caratterizzato da intensità, assiduità e sistematicità.

L’Autorità ha ritenuto rilevante, ai fini della sussistenza di un conflitto di interesse, un rapporto professionale sistematico, stabile e continuo, tale da lasciar presupporre una comunione di interessi economici o di vita tra il candidato e il commissario.

Una recente pronuncia delle Corte di Appello della Corte dei Conti ha condannato al risarcimento un Dirigente medico presso una Asl, in favore della stessa Azienda sanitaria, per avere lo stesso omesso di astenersi dallo svolgimento dell’incarico di Presidente di una Commissione di concorso, nonostante la sussistenza di una situazione di conflitto di interessi per i rapporti di stretta vicinanza e professionali che lo legavano a due candidati.

da Sole24NT

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GIANNI SANNA

Consulente Dasein. Formatore. Esperto in Programmazione, Anticorruzione , Trasparenza e Privacy. Responsabile Protezione Dati (RPD/DPO).

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